Javaris Crittenton: dal dominio su LeBron al narcotraffico e le gang

Crittenton è autore di una delle storie più buie e tristi riguardanti giocatori NBA.
19.04.2015 15:55 di  Simone Mazzola  Twitter:    vedi letture
Javaris Crittenton: dal dominio su LeBron al narcotraffico e le gang
© foto di twitter

Di storie NBA finite male ce ne sono diverse e alcune anche con epiloghi incredibili, ma difficilmente potranno battere quella di Javaris Crittenton che è passato dall’essere una potenziale stella NBA a narcotrafficante passando attraverso gang e omicidi.

Javaris Cortez Crittenton nasce il 31 dicembre 1987 ad Atlanta e vive una gioventù piuttosto tranquilla con la mamma e le sorelle, sebbene la presenza del padre sia molto meno di una comparsata. Non è niente di nuovo per gli ambienti americani, però già all’età di sette anni sembra che il basket possa essere ciò che gli darà da mangiare.
A un quarto d’ora di distanza dalla sua casa, più precisamente a Cleveland Avenue nel Southeast di Atlanta, c’è una scuola basket presieduta da Tommy Slaughter, chiamato comunemente PJ, che insegna i fondamentali e forma i ragazzi sin dalla giovane età.
Mamma Sonya Dixon lo iscrive e trova proprio in PJ la figura paterna e d’autorità che è sempre mancata a suo figlio. Comincia così il grande viaggio verso l’NBA, fatto di tanto lavoro, sacrificio e un padre acquisito che gl’insegna tutti i rudimenti sia del mestiere che della vita. In poco tempo il suo nome comincia a essere su tante bocche ai tornei giovanili, compresa quella di Wallace Parther Jr. vero e proprio santone dei giovani talenti di quella zona che gestisce la miglior squadra locale, ovvero gli Atlanta Celtics. Questa società recluta ragazzini dai 9 ai 18 anni e insegna loro i passi importanti della vita e i fondamentali cestistici, diventando il fiore all’occhiello della città e producendo giocatori del calibro di Josh Smith e Dwight Howard. La sua prima partita con questa maglia è stata contro LeBron James, già miglior prospetto liceale e insignito del famoso soprannome “The chosen one”. In quel momento viene scritta la prima pagina della sua storia, infatti quando LeBron è sulle sue piste il ragazzo chiama palla con vigore facendo già respirare l’aria del momento epico. Finta di andare a sinistra, si arresta e con LBJ sbilanciato penetra verso canestro. Nonostante questo James gli prende il tempo e sembra a un battito di ciglia da una di quelle che poi verranno chiamate chase down block. Una frazione di secondo prima JC cambia mano in aria e appoggia delicatamente in reverse facendo esplodere il pubblico e iscrivendosi ufficialmente nel basket che conta.


Il prosieguo della sua “leggenda” arriva nella partita in onore proprio di Wallace Prather, morto per attacco cardiaco il 17 giugno 2005. La sua fama e competenza erano il verbo all’interno della comunità di Atlanta e quando viene indetto il memorial in suo onore, tutti i migliori giocatori si presentano con l’idea di partecipare a un All Star Game giovanile. Così fu, ma Javaris giocò con talmente tanta intensità sui due lati del campo da diventare unanimemente l’MVP, nonché uno dei migliori prospetti dell’intero paese. Nel draft del 2007 c’era molto hype sulla sua chiamata e sebbene gli Hawks avessero un buco in guardia dopo la scelta di Al Horford con la tre, chiamarono alla numero 11 Acie Law. Otto scelte dopo, però, viene proclamato il suo nome accostato ai Los Angeles Lakers.
Per un ragazzo di Atlanta andare a Los Angeles è come comprare una fuoriserie nuova appena dopo aver preso la patente, ma com’è ben facile capire, nonostante fosse completamente focalizzato sul basket e non uscisse praticamente mai di casa, i minuti sul campo erano molto pochi facendo così salire la sua frustrazione.
Jackson disse di lui: “Ha davanti il miglior giocatore del pianeta in Kobe Bryant e pensa di potergli togliere minuti. Deve essere paziente e continuare a lavorare”.
Nonostante fosse il tipico giocatore da Jackson, ovvero guardia alta, intelligente e con ottime doti difensive, non riusciva a sfondare. Nonostante ciò la sua vita sembrava comunque andar bene perché il giorno successivo al suo compleanno del 2007 riuscì a ritagliarsi uno spazio e segnare 19 punti in una partita.

Poco dopo però i Lakers lo mandarono a Memphis assieme a Brown per portarsi a casa Pau Gasol. La sua apparizione ai Grizzlies fu relativamente fortunata e continuò nel limbo iniziato in quel di L.A. Di lì a poco viene scambiato agli Washington Wizards per una scelta ed è proprio in quel momento che la sua vita cambia. Dopo aver giocato un ottimo finale di terza stagione con dieci punti a partita e il 50% dal campo, invita PJ per passare del tempo insieme in offseason. La serata passata insieme dopo tanto tempo è stato un momento dove rievocari i vecchi ricordi, ma quando la mattina successiva il suo mentore si sveglia, viene a conoscenza di una storia poco edificante. Per una partita di carte finita male il suo compagno Gilbert Arenas porta in spogliatoio tre armi da fuoco, invitando Javaris a munirsi di almeno una per far fronte all’umoristica richiesta di vendetta. In realtà possedeva davvero una pistola da quando in quel di Los Angeles gli avevano rubato da sotto gli occhi l’automobile e non se lo fa dire due volte. Una volta pizzicati dal front office, vengono sospesi con pena esemplare.

Per non farsi mancare nulla, l’estate precedente tornando a Los Angeles per qualche tempo, viene in contatto con una gang di Los Angeles chiamata Mansfield, una specie di congregazione di delinquenti del ceto medio soprannominata: “l’unica gang con due genitori”.
In questi casi basta poco per prendere la strada sbagliata e la conoscenza del rapper Dolla, un ragazzo di 25 anni dallo sguardo magnetico ma poco raccomandabile, non è esattamente la manna dal cielo. Si fa attrarre così dal potere e il timore che la gente ha verso la confraternita cominciando a vivere la quotidianità di una gang. Nel 2010 la polizia fa irruzione nella sua casa in cerca di notizie su due malviventi di nome “Flaco” e “K-Swiss” accusati di omicidio plurimo. Sebbene li conoscesse bene perché facenti parte dei Mansfield, declina ogni domanda e nega ogni legame con i due loschi figuri.
Ovviamente la verità viene a galla presto, infatti dopo che Flaco e K-swiss avevano regolato dei conti con un rivale uccidendone la compagna, gli chiedono di acquistar loro un biglietto di sola andata per Atlanta. Il giocatore non ricevendo spiegazioni chiare decide comunque di aiutare gli amici e li accontenta venendo poi scoperto dalle forze dell’ordine.

Dopo il misfatto non trova un impiego in NBA e fallendo anche l’occasione che i Bobcats gli avevano proposto, prende il cugino e vola in Cina a Hangzouh dove, dopo qualche partita di adattamento, domina la lega con il suo talento che anche senza allenamento basta e avanza per non vedere nemmeno gli avversari che gli si parano davanti.
Ovviamente il campionato cinese è mediocre, ma è anche a migliaia di chilometri dal suo sogno chiamato NBA, così torna negli Stati Uniti e gioca con i Dakota Wizards affiliati con Washington e Memphis, ma non avendo spuntato nemmeno questa volta un contratto torna a Los Angeles.
Un giorno andando dal parrucchiere viene fermato da tale Lil Tic e i suoi due fratelli, che gli puntano addosso una pistola rubandogli, si stima, 55.000 dollari di gioielli.
Era chiaro che, per qualche motivo, conoscesse l’aggressore visto che decide di non sporgere denuncia. Le forze dell’ordine non riescono a prendere i ladri e nemmeno a estorcere una testimonianza a colui che era stato aggredito. Per farsi giustizia sommaria decide di chiedere a un amico di sentire Big Boo, probabilmente il mandante della rapina, per riavere la merce. Ovviamente la conversazione è intercettata dalla polizia, ma lui ne rimane sostanzialmente fuori non essendo diretto protagonista. Tre mesi dopo, a luglio, i malviventi concedono il bis derubandolo per la seconda volta. E quando apprende che la sua assicurazione è scaduta, inizia un vortice che lo porterà al punto più basso della sua vita.


Una chiamata anonima al 911 denuncia una sparatoria nel quartiere dove Javaris era cresciuto ed è proprio lui ad essere incolpato di uno sparo partito dal retro di una Porsche che ha mancato di poco il famoso “Lil Tic”.
Il 19 agosto si va anche oltre. Lui e il cugino Scooter noleggiano una Black Cheevy Tahoe a Fayetteville e con quella macchina si dirigono ad Altanta per visionare alcune partite del Kings of Hoops Tournament. A pochi isolati da lì, a Macon Drive, Julian Jones aka Pee Pie compagna di 22 anni di Lil Tic e madre dei suoi quattro figli, sta sostando tranquillamente nel giardinetto di casa. Dall’inizio della strada si avvicina un SUV nero con vetri oscurati che arrivato davanti all’abitazione abbassa il vetro posteriore facendo partire una scarica di colpi che non prendono Lil Tic ma centrano per due volte Pee Pie, trafiggendo l’arteria femorale. Dopo una disperata corsa in ambulanza e ogni tentativo da parte dei medici di fermare l’emorragia, alle 11.34, la donna muore.
Il giorno dopo è un sabato e Javaris si presenta regolarmente al King of Hoops Tournament con la sua squadra. Gioca e vince la prima partita, ma non ritornerà nè per la semifinale, né per la finale. Scooter nel frattempo ha fatto visita al rental car dove era stato noleggiato il giorno prima il SUV e chiede che il nome di suo cugino venga tolto dalla lista assieme a tutti i dati correlati. Javaris quindi ritorna a Los Angeles, ma ormai il suo nome è legato inscindibilmente all’omicidio e la polizia lo arresta. Dopo un mese lascia la prigione e torna ad LA, ma è invischiato nella patria potestà di un bambino appena nato e ha bisogno di soldi per un avvocato che non può permettersi, così si affida a una persona seguita dalla polizia per un vasto traffico di droga. Ne rimane invischiato e il 15 gennaio 2014 la polizia fa nuovamente irruzione nella sua casa trovando un vero e proprio arsenale.

Viene messo definitivamente in isolamento dietro le sbarre, potendo interagire sol con mamma Sonya attraverso un altoparlante. Lì attende la sentenza che porrà fine a questo calvario e che potrebbe mettere la parola fine alle speranze di un giocatore dal grande talento e dal futuro roseo di condurre una vita normale.
Perché non tutte le storie di questi ragazzi ventenni famosi e ultra pagati con passati burrascosi finisce con un lieto fine e quella di Javaris è una delle più drammatiche.


Nota: Il 29 aprile 2014 il giocatore viene condannato a 23 anni di carcere e 17 di libertà vigilata dopo il patteggiamento, a seguito della confessione di aver commesso l'omicidio. Il giocatore tornerà in libertà quando avrà 67 anni.

LEGGI LE ALTRE NBA STORIES

Matt Barnes: trash talk con gli avversari, amico con i compagni
Russell Westbrook: un cuore d'oro con la competizione nel sangue
Javaris Crittenton: dal dominio su LeBron al narcotraffico e le gang
Steve Nash: la capacità di essere i migliori in campo e fuori
Giannis Antetokounmpo: dalle finte Vuitton a volto futuro dei Bucks
Larry Sanders: Una storia di basket e vita piena di difficoltà
Anthony Davis: dall'insulto di Calipari al dominio in NBA
Michael Kidd-Gilchrist: anche chi gioca in NBA, non sa tirare in sospensione
Hassan Whiteside: salvare le gambe da un incidente e dominare l'NBA passando dal Libano
Nick Young: il suo magico mondo dalla morte del fratello al museo delle scarpe
Il dodicesimo uomo e l'arte di sventolare asciugamani
Lauren Holtkamp: essere donna e arbitrare un mondo di uomini con autorità
Bobby Phills: una carriera stroncata, ma un'amicizia che non muore mai
Chick Hearn, quando una voce rimane nella storia dello sport
Rajon Rondo, lo scherzo della natura e l'arte del playmaking
Kobe Bryant: dagli zero punti in un torneo al sorpasso su Jordan
Mario Elie, il cagnaccio e il "bacio della morte"
Juan Dixon: da un'infanzia tremenda alla casa di Maryland
Jason Collins, il primo giocatore apertamente gay si ritira
Ben Uzoh, una tripla-doppia NBA, senza la sensibilità del braccio
Scampato alle pallottole, Marcus Smart si gode l'NBA